Archivio News

Notifica via pec nel processo amministrativo: Consiglio di Stato fa marcia indietro

  Pubblicato il 12 Feb 2016  10:35
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 20/01/2016 n° 189
Il Consiglio di Stato, sezione terza, con la sentenza del 20 gennaio 2016, n. 189, prende nuovamente in esame la questione relativa alla validità delle notifiche degli avvocati tramite PEC, ai sensi della Legge n. 53 del 1994, dopo che, la medesima sezione, con la sentenza n. 4270 del 14 settembre 2015, la sezione quinta, con la sentenza n. 4862 del 22 ottobre 2015 e la sezione sesta, con la sentenza n. 2682 del 28 maggio 2015, si erano pronunciate in senso positivo.
Più precisamente, il Consiglio di Stato, sezione terza, con la sentenza n. 4270 del 14 settembre 2015, nell’affrontare preliminarmente l’eccezione formulata dall’appellato il quale, nel richiamare la sentenza del Tar Lazio, sede di Roma della Sez. III ter del 13 gennaio 2015, n. 396, deduceva e riteneva che nel processo amministrativo non fosse ancora consentito agli avvocati la notifica dell’atto introduttivo del giudizio con modalità telematiche in mancanza di espressa autorizzazione presidenziale ai sensi dell’art. 52 comma 2 del codice del processo amministrativo, riteneva che l’eccezione non potesse essere accolta aderendo invece, per relationem, alla precedente decisione del Consiglio di Stato, sezione sesta n. 2682 del 28 maggio 2015 secondo la quale: “La mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, c o. 2, del c.p.a. non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata la l. n. 53 del 1994 (ed in particolare… gli articoli 1 e 3 bis della legge stessa), nel testo modificato dall’art. 25 co. 3, lett. a) della l. 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale… a mezzo della posta elettronica certificata”.
“Nel processo amministrativo telematico (PAT) contemplato dall’art. 13 delle norme di attuazione di cui all’Allegato 2 al cod. proc. amm. è ammessa la notifica del ricorso a mezzo PEC anche in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, co. 2, del c.p.a. , disposizione che si riferisce a “forme speciali” di notifica, laddove invece la tendenza del processo amministrativo, nella sua interezza, a trasformarsi in processo telematico, appare ormai irreversibile.”
“Se con riguardo al PAT lo strumento normativo che contiene le regole tecnico –operative resta il DPCM al quale fa riferimento l’art. 13 dell’Allegato al c.p.a., ciò non esclude però l’immediata applicabilità delle norme di legge vigenti sulla notifica del ricorso a mezzo PEC”.
Sulla base di tale precedente, l’eccezione proposta dall’appellato deve essere respinta”.
Perveniva a stesse conclusioni, con identica motivazione, la sezione quinta del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4862 del 22 ottobre 2015, ritenendo l’atto (ricorso di primo grado), oggetto di eccezione, in quanto notificato tramite PEC, “validamente notificato e quindi ammissibile”:
“Nel processo amministrativo telematico (PAT) –contemplato dall’art. 13 delle norme di attuazione di cui all’Allegato 2 al cod. proc. amm. - è ammessa la notifica del ricorso a mezzo PEC anche in mancanza dell’autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del c.p.a. , disposizione che si riferisce a “forme speciali” di notifica, laddove invece la tendenza del processo amministrativo, nella sua interezza, a trasformarsi in processo telematico, appare ormai irreversibile”.
Sembrava quindi, con le citate decisioni del Consiglio di Stato, definitivamente affermata la validità della notifica tramite PEC nel processo amministrativo.
Sorprendentemente però, con la sentenza del 20 gennaio 2016, n. 189, la terza sezione del Consiglio di Stato (proprio la stessa che il 14 settembre 2015 aveva ritenuto valida la notifica tramite PEC nel processo amministrativo) torna sui propri passi, smentendo, quindi, non solo i diversi componenti del Collegio della medesima sezione ma, parimenti, anche quelli della sezione quinta e sesta, affermando che la notifica dell’atto di appello, effettuato alla società appellata mediante posta elettronica certificata ai sensi della legge n. 53/1994, deve considerarsi inesistente trattandosi, a dire del Collegio, di modalità di notificazione priva di qualsivoglia espressa previsione normativa circa l’idoneità della forma prescelta a configurare un tipico atto di notificazione come delineato dalla legge e, come tale, in alcun modo sanabile; rileva, a tal proposito il Collegio, la mancata emanazione, per il processo amministrativo telematico, delle regole tecniche e specifiche tecniche così come previste dall’art. 13 dell’Allegato 2 al Codice del Processo Amministrativo, regole e specifiche tecniche già emanate per il processo civile telematico e per i giudizi dinanzi alla Corte dei Conti, in mancanza delle quali, lo strumento utilizzato dalla parte per la notifica dell’appello, (posta elettronica certificata), non può che considerarsi “speciale” così come previsto dall’art. 52, comma 2 del Codice del Processo Amministrativo, che prevede per il suo utilizzo, facendo espresso riferimento all’art. 151 c.p.c., una specifica autorizzazione presidenziale, del tutto mancante nel caso all’esame.
Il Collegio, in concreto, ritiene che la notifica effettuata tramite posta elettronica certificata, non sia utilizzabile nel processo amministrativo, “essendo, com’è noto, esclusa, in base al disposto di cui all’art. 16-quater, comma 3-bis, del D.L. n. 179/12 come convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, l’applicabilità alla giustizia amministrativa delle disposizioni idonee a consentire l’operatività nel processo civile del meccanismo di notificazione in argomento (ovvero i commi 2 e 3 del medesimo art. 16-quater), solo all’esito della cui adozione, si badi, detto meccanismo ha acquistato effettiva efficacia nel processo civile e penale (così come, per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti, si è reso necessario stabilire le regole tecniche ed operative in materia di utilizzo della posta elettronica certificata anche per l’effettuazione di notificazioni relative a procedimenti giurisdizionali con recente decreto del Presidente 21 ottobre 2015 in G.U. n. 256 del 3 novembre 2015); e ciò tenuto conto della mancanza di un apposito Regolamento, che, analogamente al D.M. 3 aprile 2013, n. 48 concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, detti (essendo del tutto impensabile che prescrizioni tecniche siano all’uopo necessarie per il processo civile e penale e non per quello amministrativo) le relative regole tecniche anche per il processo amministrativo e che non può che individuarsi nel D.P.C.M. previsto dall’art. 13 dell’All. 2 al c.p.a. ( v. anche l’art. 38, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114), allo stato non ancora intervenuto ed al quale il legislatore ha implicitamente ma chiaramente riguardo laddove, nell’escludere l’applicazione al processo amministrativo del comma 3 dell’art. 16-quater cit., da un lato afferma l’applicabilità al processo amministrativo dello strumento della notifica telematica (del resto prevista dagli articoli 1 e 3-bis della legge n. 53 del 1994), dall’altro non disconosce certo la necessità di regole tecniche anche per il processo amministrativo, che, sulla scorta dell’assenza di potere regolamentare del Ministro della Giustizia con riferimento al processo amministrativo (donde la previsione del comma 3-bis cit. di inapplicabilità alla giustizia amministrativa del comma 2, che tale potere conferisce), non possono essere che quelle di cui all’emanando, citato, D.P.C.M. (di cui il ricordato art. 38 del successivo D.L. n. 90/2014 ribadisce appunto l’esigenza, fissandone per la prima volta i termini per l’emanazione), solo all’esito del quale l’intero processo amministrativo digitale avrà una completa regolamentazione e la notifica del ricorso a mezzo PEC potrà avere effettiva operatività ed abbandonare l’inequivocabile ed ineludibile carattere di specialità oggi affermato dall’art. 52, comma 2, c.p.a., che prevede per il suo utilizzo, facendo all’uopo espresso riferimento all’art. 151 c.p.c., una specifica autorizzazione presidenziale, del tutto mancante nel caso all’esame.
Tale carattere non può certo invero oggi negarsi in virtù di una affermata tendenza del processo amministrativo a trasformarsi in processo telematico, atteso che siffatta “tendenza” rappresenta allo stato un mero orientamento, che deve comunque tradursi in regole tecnico-operative concrete, demandate appunto al sopra indicato strumento regolamentare, in assenza delle quali il Giudice amministrativo non può certo sostituirsi al legislatore statuendo l’ordinaria applicabilità di una forma di notifica allo stato ancora non tipizzata.
Né a sanare l’invalidità di tale notifica può valere la successiva costituzione in giudizio del soggetto destinatario della stessa, atteso che vertesi in ipotesi di inesistenza della notifica (in quanto trattasi di modalità di notificazione priva di qualsivoglia espressa previsione normativa circa l’idoneità della forma prescelta a configurare un tipico atto di notificazione come delineato dalla legge; tipicità, questa, che non consente nemmeno di poter ravvisare nella fattispecie un’ipotesi di errore scusabile), in alcun modo sanabile; quand’anche, tuttavia, si volesse ritenere che una notifica eseguita mediante ricorso ad una forma non utilizzabile in quanto non espressamente prevista come tale nel paradigma legislativo degli atti di notifica valga a concretizzare non una ipotesi di inesistenza ma piuttosto di nullità della stessa, comunque in tal caso, sulla scorta dell’art. 44, comma 3, c.p.a., la costituzione dell’intimato è sì idonea a sanare la nullità medesima, ma, a differenza che nel processo civile, con efficacia ex nunc, ossia con salvezza delle eventuali decadenze già maturate in danno del notificante prima della costituzione in giudizio del destinatario della notifica, ivi compresa la scadenza del termine di impugnazione, cadente nel caso di specie, come s’è detto, al 3 febbraio 2015, laddove la costituzione dell’appellata è intervenuta con atto in data 20 febbraio 2015.”.
Con tale motivazione, la terza sezione del Consiglio di Stato, ritiene che l’appello debba essere dichiarato irricevibile.
Tale decisione, e la motivazione che la supporta, non può essere condivisa.
Invero, così come giustamente rilevato dalla quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4862 del 22 ottobre 2015, il sopra citato art. 46 esclude l’applicazione, al processo amministrativo, dei commi 2 e 3 non della l. 21 gennaio 1994, n. 53, ma dell’art. 16 quater del decreto legge n. 179 del 2012, convertito con modificazioni nella legge n. 221 del 2012, il quale, al comma 2, demanda a un decreto del Ministro della giustizia l'adeguamento alle nuove disposizioni delle regole tecniche già dettate col d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, mentre al comma 3 stabilisce che le disposizioni del comma 1 "acquistano efficacia a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del decreto di cui al comma 2".
Proprio per tale motivo, la mancata autorizzazione presidenziale ex art. 52, comma 2, del Codice del Processo Amministrativo non può considerarsi ostativa alla validità ed efficacia della notificazione del ricorso a mezzo PEC atteso che nel processo amministrativo trova applicazione immediata la legge n. 53 del 1994 (e, in particolare, per quanto qui più interessa, gli articoli 1 e 3 bis della legge stessa), nel testo modificato dall’art. 25 comma, 3, lettera a) della legge 12 novembre 2011, n. 183, secondo cui l’avvocato “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale […] a mezzo della posta elettronica certificata”.
Dimentica altresì il Collegio quanto contenuto nell’art. 39, comma 2 del Codice del Processo Amministrativo, secondo cui le notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile e, come, di conseguenza, tra le leggi speciali applicabili vi è sicuramente la legge 21 gennaio 1994, n. 53; come giustamente rilevato dal TAR Calabria Il 4 febbraio 2015 con la sentenza n. 183, “…se il legislatore avesse voluto sancire l’inapplicabilità al processo amministrativo delle notificazioni telematiche, avrebbe potuto stabilirlo chiaramente”.